L’incosciente bisogno di pulito: germofobia di Alessandro Bastone

Scommetto che se avete l’abitudine di comprare il giornale al mattino, non prendete il primo della catasta ma quello subito sotto. Tutto ciò perché immaginiamo che il secondo giornale della pila non sia stato maneggiato da dita piene di germi e quindi sia più pulito del primo.

Sapevate che, consapevolmente o no, il 72% delle persone fa lo stesso? Oltretutto gran parte del 72% rimette il giornale esattamente dove l’ha trovato e finiamo per maneggiare tutti la stessa copia.

È lo stesso fenomeno che spiega perché solo il 5% delle donne nei bagni di ristoranti e centri commerciali entra nel primo cubicolo. Sono convinte che sia meno pulito del secondo o del terzo.

L’illusione di pulizia o freschezza è un persuasore occulto ma potente, ha a che fare con la paura che quasi tutti nutriamo per i germi e al timore delle malattie. Sanità che riporta alla si
Per evitare contaminazioni ci spalmiamo sulle mani quantità ingenti di disinfettante e paghiamo cifre spropositate per frutta e verdura senza pesticidi. Tutto ciò non ci rende più sani ma ci toglie un po’ della paura di ammalarci.

A parte le epidemie globali, la nostra paura per i germi influisce soprattutto per i generi alimentari che mettiamo nel carrello. In un servizio di “NBC Today”, una volontaria di nome Kelly girava per il supermercato mentre un team di esperti analizzava i suoi pensieri.

Ogni volta che Kelly prendeva un prodotto dallo scaffale, i ricercatori notavano una breve pausa prima che il prodotto venisse riposto sullo scaffale o messo nel carrello. L’aspetto interessante è la scansione del suo cervello evidenziava una marcata attività dell’amigdala: la regione del cervello che controlla la paura, il senso di pericolo e disagio. Ogni prodotto che teneva in mano le generava nel cervello una sensazione di paura.

Se a Kelly un prodotto piaceva abbastanza da toccarlo ed esaminarlo, poi lo comprava: ma non comprava quello che aveva preso in mano. Esattamente come gli acquirenti di giornali, rimetteva sullo scaffale il prodotto infetto, e ne selezionava uno identico piazzato due posti più indietro.

Quando invece il suo prodotto era l’unico sullo scaffale, la reazione di paura è stata così pronunciata da cambiare marca. La percezione di pulizia influiva molto sulle decisioni senza che lei se ne accorgesse neppure.

È logico che il nostrodisagio per i germi sia più acuta riguardo generi alimentari, ma a ciò si aggiungono le pulci nell’orecchio che ci mette il marketing, spingendoci a pensare che un prodotto sia o non sia “pulito” quanto crediamo.

La marmellata, ad esempio, non è un prodotto fresco ma semplicemente perché non è pensato per esserlo. Quei barattoli con tappo girevole e fantasia scozzese possono restare sullo scaffale per mesi. Per questo gli addetti di marketing creano l’illusione di freschezza progettando i barattoli apposta per farci udire quel rassicurante “click” una volta che li apriamo a casa.

Un’altra tattica molto diffusa è il sigillo di plastica che troviamo in molti generi alimentari, come ketchup, yogurt ma anche nei farmaci da banco.

Un parente stretto del sigillo di plastica, è la fresh strip, una strisciolina di carta/plastica che sigilla il tappo al barattolo. Finché essa è intatta nessuno ha ruotato il coperchio e abbiamo l’apparente certezza che la nostra bottiglia di latte non sia stata contaminata.

È prassi ormai che noi consumatori, prima di acquistare un prodotto, lo ispezioneremo leggendo attentamente l’etichetta, cercando conferma che stiamo comprando prodotti sicuri, salutari e sostenibile e non contaminati.

Alessandro Bastone
Responsabilke ClubMc Young