Le ricerche di mercato e i dati (29). Prontuario di Paolo Duranti

La misurazione del ROI della pubblicità

 

Chiunque si occupi di marketing ha come bisogno informativo supremo (o quantomeno prioritario) la misurazione dell’effetto della sua attività (pubblicità, promozione, raccolta punti, etc….), il cosiddetto ROI (Return On Investment). Anche il suo capo (ad esempio il direttore commerciale o l’amministratore delegato) ha bisogno di conoscere questo indicatore per autorizzare o meno un determinato investimento monetario.

La ricerca di tale misura è il principale oggetto anche di chi fornisce servizi all’azienda (un agenzia di pubblicità, un centro media, una concessionaria di pubblicità, etc….) in quanto con tale misura possono meglio guidare (o vendere) una determinata iniziativa supportati da indicatori che ne possano far stimare il rendimento.

In un precedente contributo avevamo analizzato il ROI di una iniziativa promozionale sul punto di vendita e avevamo visto come, pur non essendo una misura che definisca esattamente il ritorno monetario dell’investimento, rappresenta un prezioso faro per valutare le differenze di performance di diverse iniziative, della stessa iniziativa in Insegne diverse, delle performance dei concorrenti.

La misurazione del ROI sulla pubblicità rappresenta una sfida decisamente più complessa in quanto, a parte alcune rare eccezioni, gli investimenti pubblicitari beneficiano sicuramente di un ritorno “immediato” ma anche, se non soprattutto, di un ritorno derivante dalla sedimentazione nella mente del consumatore di una determinata campagna.

Ci sono 2 scuola di pensiero relative a quale indicatore dovrebbe “muoversi” a valle di una campagna pubblicitaria:

  • Le vendite
  • Le variabili mentali di un brand (awareness, top of mind etc…)

Aldilà del mio, irrilevante, pensiero personale mi preme far riflettere che le vendite, come abbiamo visto nei contributi precedenti, dipendono da numerose variabili: la presenza sullo scaffale (se il mio prodotto non c’è posso comunicare, quanto voglio ma le vendite saranno comunque 0), il posizionamento di prezzo, le iniziative del Distributore, le contromosse della concorrenza. Per cui risulta arduo, per quanto sia opportuno farlo, segmentare i contributi che ognuno di questi tasselli porta al risultato finale di vendita, tasselli di cui la pubblicità è uno di questi. Inoltre, come accennato sopra, la pubblicità beneficia di un effetto tanto più positivo quanto più è lungo il periodo in cui è stata attiva sui diversi mezzi,soprattutto se è coerente nel tempo il messaggio veicolato (che Dash lava più bianco di tutti è un concetto ribadito per decenni dal brand, che difficilmente potrà essere scalfito, e che darà sicuramente un contributo positivo nel momento in cui il consumatore dovrà scegliere quale prodotto acquistare.

Le variabili mentali sono concettualmente “più vicine” agli effetti che una campagna può generare; molti teorici della comunicazione indicano un percorso mentale che porta all’acquisto di un prodotto declinandolo in una serie di passaggi generalmente consequenziale:

Conoscenza – Consapevolezza – Gradimento – Preferenza – Convinzione – Acquisto

Ricordiamoci sempre che l’ultimo passaggio (l’Acquisto) deve appunto fare i conti con i competitor, le promozioni di prezzo etcetc

Esistono tuttavia tipologie di prodotti per i quali possiamo ritenere che la relazione tra comunicazione e acquisto sia più vicina, ad esempio i fascicoli delle raccolte commercializzati da alcuni editori (gli aerei della prima guerra mondiale, le barche storiche etc…). Non a caso la pianificazione di tali campagne è generalmente di breve durata con investimenti massicci all’inizio, per stimolare una modalità di acquisto che si avvicina molto all’acquisto di impulso.

Ma tornando alle variabili mentali sappiamo che una campagna “che funziona” non può non modificare l’awareness e/o la top of mind (il primo prodotto a cui si pensa in una determinata categoria merceologica) e/o la credibilità etc etc.

Uno straordinario studioso di marketing e comunicazione che ho avuto il privilegio di conoscere sosteneva quanto segue.

Ognuno di noi pensando ad una specifica categoria merceologica (ad esempio i biscotti), indicherà il suo repertorio di acquisto (cioè le diverse marche che da lui vengono prese in considerazione) di 3-4,raramente 5 o oltre brand diversi (quindi già tutte le altre presenti sullo scaffale, a meno che vengano regalate, hanno molta difficoltà ad entrare in questo gruppo). Inoltre le marche citate vengono citate in un determinato ordine (la prima citata è la famosa Top Of Mind). Il compito della pubblicità è di modificare questo ordine con l’obiettivo che la nostra marca scali questa “classifica” per trovarsi in prima posizione con conseguente maggiore probabilità di essere acquistata rispetto alle altre. Questa modifica della graduatoria sarà tanto più rapida quanto più massicci saranno gli investimenti pubblicitari della campagna.

Certo, può capitare alle volte qualcosa di dirompente, per cui un marca fuori dal gruppo, entri di forza nel gruppo stesso, magari nelle prime posizioni. Tale eventualità è anche molto influenzata dalla frequenza di acquisto di un prodotto.

Tornando al primo  (correlazione pubblicità-vendite) è opportuno tenere presente che il mondo digitale, con la sua meccanica, la sua sintassi, e la sua tecnologia che permette di tracciare ogni clic, favorisce sicuramente la ricerca di una correlazione decisamente più diretta tra stimolo e acquisto (chiamato tasso di conversione). Questo in quanto si sa con certezza che la persona che ha cliccato su un determinato banner o a visitato un determinato sito è la stessa che poi ha effettuato l’acquisto (ovviamente se effettuato anch’esso on line).

Molte sono le metodologie utilizzate dalle società di ricerca, centri media e spesso dall’azienda stessa, per effettuare tali studi con la finalità di disporre di indicatori di performance il più possibili realistici e che consentano quindi di dosare al meglio i propri investimenti.

Paolo Duranti
esperto in ricerche di mercato e dati relativi ( trade – consumo – media)
Past Vice Presidente di IAA – International Advertising Association
Consigliere Nazionale del Club del Marketing e della Comunicazione (www.clubmc.it)
pmduranti@gmail.com

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