La pubblicità comportamentale: una strategia per il marketing online

La pubblicità comportamentale è un settore in fortissima espansione, soprattutto negli ultimi anni. Per farti capire al fly di
cosa sto parlando, ti faccio subito un esempio. Ti è mai capitato, dopo
esserti interessato a un prodotto specifico (un paio di scarpe, un
videogame, un libro…) che nei giorni successivi sul web comparissero annunci pubblicitari legati proprio a quello che stavi cercando? Inquietante, vero? Scommetto che tante volte hai pensato che fosse incredibile. Come se dall’altra parte dello schermo si trovasse qualcuno pronto a tenere traccia di
tutto quello che cerchi, per poi riproportelo in un secondo momento e
indurti ad acquistare. In questo articolo ti aiuterò a capire meglio
come funziona la pubblicità comportamentale e quali sono i motivi che
legano questa tecnica di marketing alla tanto citata profilazione.

1. LA PUBBLICITÀ COMPORTAMENTALE

1.1 Una premessa di partenza

Prima di addentrarci insieme nel fantastico mondo della pubblicità comportamentale, voglio subito fare una premessa. Non sempre una tecnica di marketing personalizzato comporta necessariamente un’attività
di profilazione. Detto questo, è innegabile che il confine sia sottile e
facilmente oltrepassabile. Per aiutarci a comprendere quanto è
possibile spingersi oltre, il nuovo Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali (il famosissimo GDPR) ha istituto il Comitato europeo della protezione dei dati, chiamato anche WP29, che ha introdotto una distinzione tra diverse attività possibili nell’ambito nel marketing:

Nei primi due casi non si può ancora parlare di vera e propria
profilazione, perchè la personalizzazione degli annunci pubblicitari è
basata solo su ciò che gli utenti visualizzano in rete. Invece, la
pubblicità comportamentale offre un’immagine perfettamente delineata dell’utente,
con informazioni dettagliate sulle pagine web visitate, la durata,
l’ordine di visualizzazione, ecc. Rappresenta, quindi, l’esito di un’attività di profilazione. Noi ci concentreremo proprio su quest’ultima.

1.2 Cos’è la pubblicità comportamentale?

La pubblicità comportamentale, in inglese “online behavioural advertising”, chiamata anche targeting comportamentale, è
un tipo di pubblicità che si basa sugli interessi degli utenti che
navigano in rete. Si tratta di un metodo abbastanza efficace perché
consente di proporre contenuti pubblicitari in base agli interessi e
alle esigenze espresse dagli utenti sulla base di precedenti ricerche
condotte online.

Quello della pubblicità comportamentale è oggi un settore in rapida evoluzione,
tanto da essere considerata uno dei capisaldi del mercato dei servizi
online e una delle sue più importanti fonti di reddito economico. La
tecnologia e i modelli matematici utilizzati per elaborare e
interpretare i dati derivati dal monitoraggio del comportamento degli
utenti sulla rete hanno raggiunto un livello di complessità
che per la maggior parte degli utenti della rete sono stati
completamente inosservati e percepibili. Proprio per questo motivo, è
del tutto normale se durante la navigazione non riesci a percepire che
le tue ricerche vengono “sfruttate” da questi algoritmi che, nel caso
non te ne fossi accorto, sono sempre un passo avanti a te.

L’adattamento dei contenuti pubblicitari sulla base dell’analisi delle abitudini degli utenti è il risultato di un trattamento automatizzato dei dati tradizionalmente compreso nel concetto di “profilazione”, così tanto discusso da noi del team di Profilamy. Il termine profilazione si riferisce alla creazione del comportamento dell’utente e dei profili di interesse per guidare obiettivi e azioni specifiche.

1.3 L’obiettivo della pubblicità comportamentale

Per definire una campagna pubblicitaria efficace è essenziale che questa raggiunga l’obiettivo per
cui è stata creata. Se infatti questa non ha alcuna rilevanza per
l’utente è probabile che non arrivino i tanto desiderati “click” (le
interazioni, per farti capire). Pertanto, la creazione di annunci
pubblicitari mirati può consentire agli inserzionisti di ridurre questo
rischio e qualsiasi forma di dispersione, così da intercettare utenti davvero interessati al contenuto e quindi più facili da convertire. La conversione,
in questi termini, rappresenta il numero di volte in cui viene
raggiunto l’obiettivo di una campagna (come ad esempio l’acquisto del
prodotto) e si traduce in un processo di persuasione che guida l’utente fino allo step finale della promozione. Quindi la chiave del successo di una pubblicità è l’interesse dell’utente. Un annuncio che si trova al posto giusto al momento giusto offre
un valore aggiunto e porta l’utente a cliccare sulla pubblicità in
questione. Questo, di conseguenza, porta a una percentuale di visibilità più elevata.

Tramite marcatori elettronici detti cookie,
lo strumento della pubblicità comportamentale su Internet consente di
definire informazioni più o meno dettagliate sui singoli destinatari dei
messaggi pubblicitari e di utilizzare tali informazioni per veicolare con precisione
ciò che il mittente ritiene più appropriato. Nel mio caso, puoi
credermi sulla parola quando ti dico che non mi è mai capitato che
comparissero tra le mie ricerche pubblicità di articoli sportivi, ma
sempre di cosmetici, vestiti, e prodotti per cani. Devo dire però di ritenermi felice nella mia banalità.

Torniamo a noi. Anche quando il cliente non viene raggiunto, non significa che sia da considerare come perdutoGrazie ai cookies possiamo accompagnarlo in rete e ricordargli prodotti e servizi che ha visualizzato e
che, per un qualunque motivo, non ha ancor acquistato. Ti faccio un
piccolo esempio con uno dei miei shop online preferiti, quello dell’Estetista Cinica (NO sponsor, NO Adv, NO nulla, magari insomma…).

1.4 Un breve “spiegescion” sui cookie

cookie sono piccoli file di testo che vengono memorizzati sul computer dell’utente che possono essere decifrati solo dal servizio che li ha inviati. Sono progettati per contenere piccole quantità di dati specifici per clienti e siti web. Questo consente al server di restituire pagine mirate a un utente specifico.

I cookie si possono classificare in varie tipologie. In base alla loro durata, abbiamo:

  • cookie temporanei di sessione (temporary
    cookies): questi sono legati alla sessione di navigazione in un sito,
    permettono di identificare un utente che accede a servizi protetti da
    login. Questi cookie servono ad evitare che per ogni pagina di quel sito
    specifico ci venga richiesto il login, ma sono appunto temporanei e si
    cancellano al termine della sessione di navigazione;
  • cookie permanenti (persistent
    cookie): sono cookie che rimangono sul computer dell’utente anche al
    termine della navigazione di un sito. Possono essere eliminati solo
    dall’utente oppure alla data della loro scadenza e servono a dare
    informazioni sulla navigazione di quel particolare computer.

In base alla provenienza dei cookie, abbiamo:

  • cookie proprietari (cookie first-party): sono i cookie inviati al tuo browser direttamente dal sito che stai visitando;
  • cookie di terze parti (cookie
    third-party): sono i cookies inviati al tuo computer da altri siti che
    eseguono contenuto sulla pagina che stai visualizzando. I cookie di
    terze parti sono spesso cookie permanenti. 

I cookie di terze parti

Per i cookie di terze parti è necessario fare uno sforzo in più. I siti web che visitiamo di solito contengono contenuti e servizi di altri siti web, come i pulsanti dei
social network (ad esempio “mi piace”, “segui”). Questi contenuti di
siti di terze parti possono impostare cookie sul nostro computer, che
prendono appunto il nome di cookie di terze parti.

Quando visitiamo un sito web potremmo avere cookie di identificazione
(anche detti proprietari) e cookie provenienti da profili social e reti
pubblicitarie su quella stessa pagina (di terze parti). In genere
questi vengono utilizzati per registrare quali siti sono stati visitati e
quali banner sono stati cliccati, in modo da tracciare il comportamento
degli utenti sul web e proporre annunci pubblicitari mirati in base ai
loro effettivi interessi, piuttosto che al contenuto della pagina
visitata. Questi tipi di cookie sono anche detti di tracciamento.

Questo tipo di tracciamento è percepito come invasivo e fastidioso perché l’utente è spesso inconsapevole di tali pratiche e il consenso all’uso
dei cookie sul computer avviene mediante il settaggio individuale del
browser utilizzato, ma come impostazione predefinita sono consentiti
tutti i cookie e l’utente medio (a volte anche per pigrizia) di solito non modifica tali dati.

1.5 Come funziona la pubblicità comportamentale?

Per capire nel dettaglio come funziona la pubblicità comportamentale ritorno all’esempio che ti ho fatto all’inizio. Immagina questa situazione: è l’8 marzo 2020, la quarantena è stata appena annunciata. Decidi a questo punto di regalarti una nuova console per scassarti di videogame fino a tarda notte. Quindi cerchi su Google “console
per videogame” e inizi a cercare di capire quale potrebbe essere la
migliore soluzione fatta apposta per te. Dopo una breve ricerca, la
pigrizia prende il sopravvento e decidi di aspettare ancora un po’ prima
di acquistare la prima che ti capita davanti. Dopo qualche giorno, torni a navigare sul web. Stai leggendo un articolo del tuo blog preferito (Profilamy, ovviamente) e proprio lì, ad un lato dell’articolo, trovi una pubblicità sulla console della vita ad un prezzo super scontato. E include persino FIFA 21.

Questo annuncio sarebbe potuto comparire sullo schermo di qualunque
utente, anche persone che non hanno mai considerato l’acquisto di una
console. Invece raggiunge proprio te, per il semplice motivo che ti sei interessato a quel prodotto specifico e quindi potresti essere più propenso ad acquistarlo.

1.6 Tutela della privacy

Ovviamente, per quanto riguarda la pubblicità comportamentale, è
ovvio che chi intende “sfruttarla” (gli inserzionisti, per capirci) deve
attenersi alle normative europee. Nella maggior parte dei casi gli annunci non sono personalissimi,
ovvero non riescono ad identificare gli utenti nel mondo reale. I dati
utilizzati sono relativi all’attività di navigazione e vengono
riutilizzati in forma anonima.

Se consideriamo la quantità di dati raccolti sul web e la possibilità
di collegare questi a informazioni personali, potrai facilmente
comprendere quanto sia facile tracciare l‘identità degli utenti. Pertanto, è essenziale che questi ultimi ricevano un’informativa chiara e completa,
che deve specificare con esattezza il tipo di dati raccolti, lo scopo
del trattamento e l’oggetto (cioè gli individui) di cui vengono
comunicati i dati. In questo modo, le parti interessate possono
esprimere o dissentire (consapevolmente) il loro consenso a questo tipo di trattamento.

1.7 AdChoices, un sostegno per chi?

Molte aziende online (come Google) hanno modelli di business basati sull’advertising.
Importanti ricavi economici di queste aziende provengono proprio dalla
pubblicità. Pertanto, sono tra le più interessate a creare annunci
mirati. In quest’ottica, la pubblicità personalizzata può portare enormi vantaggi sia alle terze parti (che possono sponsorizzare beni o servizi) che agli utenti finali (che possono usufruirne).

Già nel 2009, la Federal Trade Commission aveva
iniziato a studiare un metodo per capire come le piattaforme
pubblicitarie raccogliessero i dati per riutilizzarli per i propri
scopi. Questi studi hanno mostrato che erano necessarie regole più restrittive per proteggere le informazioni degli utenti.

Da queste considerazioni è nato AdChoices: un programma sviluppato negli Stati Uniti, in Canada e in Europa, implementato per proteggere la privacy degli
utenti e consentire loro di controllare i propri dati quando vengono
presi di mira con annunci basati sulla loro cronologia di navigazione.

L’AdChoices è quindi un programma di auto-regolamentazione (al quale hanno aderito all’incirca 200 aziende) che incoraggia le piattaforme pubblicitarie ad inserire una icona attraverso la quale è specificato che i dati dell’utente che sta navigando su quel sito web verranno trattati a fini commerciali per la pubblicità comportamentale. Il vantaggio di questa icona è la sua piccola dimensione.
Molti inserzionisti non si rendono conto nemmeno della sua presenza.
Quando un utente clicca sull’icona di AdChoices si attiva un pop-up che fornisce all’eventuale cliente qualche informazione aggiuntiva sul prodotto, nonché gli offre un ventaglio di possibilità offerte sul mercato del web simili ai suoi interessi.

Il doppio lato della medaglia di AdChoices

Nell’ambiente del marketing online di oggi sembra difficile
distinguere i progetti legittimi da quelli non proprio etici. In questa
direzione, AdChoices è un’estensione del browser che a volte utilizza strategie intrusive per raggiungere i suoi obiettivi e ha alcune caratteristiche che lo rendono un adware. Attenzione, adware non significa virus. AdChoices è un servizio legittimo
che può aiutare terze parti a visualizzare e promuovere i propri
contenuti. Tuttavia, negli ultimi anni, molti software antivirus hanno
iniziato a classificare vari adware come riskware
(software rischiosi) e impedirne l’installazione in maniera preventiva,
richiedendo agli utenti di confermare prima di procedere.

Una dei problemi più rilevanti risiede nel fatto che AdChoices elude l’approvazione dell’utente quando viene installato su un computer. Il processo di installazione è infatti quasi sempre associato ad applicazioni esterne
gratuite con pacchetti software nascosti o non specificati. Pertanto,
in molti casi, gli utenti riceveranno il software indesiderato senza
saperlo.

Per queste ragioni è sempre più comune che la maggioranza degli utenti si chiedano come disinstallare questa funzione.

1.8 Le disposizioni del Garante Privacy

Nel 2015 Il Garante ha pubblicato le Linee guida in materia di trattamento di dati personali per la profilazione sul web ed ha indicato alcune prescrizioni che devono essere adottate dai soggetti stabiliti che si occupano di profilazione on line, a livello nazionale.

È indispensabile, come ho già detto, che l’utente riceva una
informativa completa e chiara, affinché possa consapevolmente esprimere o
meno il proprio consenso ad essere profilata. L’informativa, a detta
del Garante Privacy, può anche essere strutturata su più livelli in modo che sia più facile da leggere. È necessario, inoltre, che sia garantita in ogni momento la possibilità di revocare le scelte precedentemente effettuate. Tale facoltà deve essere assicurata dalla presenza di un link che deve essere sempre ben visibile. 

Proprio per questo la maggior parte degli operatori del web consente di disattivare i cookie,
sia di prime che di terze parti, anche separatamente, e di conseguenza
impedire la pubblicità comportamentale. Per questo motivo non sarebbe
male, di tanto in tanto, verificare le impostazioni del proprio browser e
i consensi espressi sui siti web che si sono visitati. Io, ad esempio,
non lo faccio mai. Anzi, sono quel tipo di utente del web che accetta
tutto senza pensarci. Ma tu non farlo…

Nella speranza di farti fare due risate, ti lascio questo video che ho realizzato per la nostra pagina Instagram in cui ho cercato di ironizzare sui diversi tipi di “accettatori di cookie”.

1.9 Criticità…

Come potrai aver immaginato, il fenomeno della pubblicità comportamentale è molto complesso e presenta ovvi rischi.
Social e smart devices (nei quali, ci piaccia o no, siamo totalmente
immersi) ci portano a disperdere sempre più informazioni in rete, lasciando un po’ qua e là i nostri dati, spesso
senza rendercene conto. Risalire ad un individuo specifico da un
semplice e banalissimo dato diventa sempre più facile e alla portata
anche dei non esperti. A tutto questo si aggiungono poi modernissimi sistemi di intelligenza artificiale, che permettono di applicare modelli comportamentali per
prevedere scelte e dirigere azioni mirate. In questa direzione, aumenta
esponenzialmente la possibilità di creare profili sempre più intimi e
arrivare a conoscere il tallone d’Achille di ciascuno di noi, il punto dove gli utenti del web sono più vulnerabili.

Nella pubblicità comportamentale l’utente diventa quindi prodotto di mercato rendendo il problema “privacy” di centrale importanza.

…e rischi

Un ulteriore elemento di rischio riguarda la possibilità di discriminazione degli individui. Come nel caso della particolare configurazione dell’algoritmo di profilazione che attua una diversificazione in termini di prezzi, per esempio sulla base di status sociali o di presunti interessi.
Un effetto analogo potrebbe poi verificarsi per la differenziazione
dell’offerta di prodotti o delle relative condizioni di acquisto in
virtù di una distinzione tra profili geografici o sociali, e soprattutto per la situazione economica individuale. Oppure per la differenziazione di contenuti pubblicitari suggeriti operata sulla base di caratteristiche etniche, religiose, di genere o di orientamento sessuale.

Tecniche di profilazione così invasive possono minare la libertà di accesso all’ informazione
e di conseguenza anche la libertà di scelta degli individui. Possono
portare al rifiuto di beni o servizi, false previsioni e discriminazione
irragionevoli. Il rischio aumenta poi in modo esponenziale se associato
a categorie specifiche di dati, come quelli relativi allo stato di salute, preferenze sessuali o convinzioni religiose o politiche (i cosiddetti dati sensibili).

Un ulteriore rischio potrebbe poi essere correlato alla provocazione di un disagio o allo sfruttamento di situazioni di difficoltà.
Ad esempio, con una profilazione molto “aggressiva” e contraria alle
aspettative e agli interessi della persona interessata, oppure quando è
correlata alla specifica vulnerabilità del soggetto oggetto della pubblicità.

2. L’ANALISI PSICOGRAFICA

2.1 Psico…che?

L’origine del nome è attribuita al ricercatore americano Emanuel Demby, che definisce la psicografia “l’applicazione pratica delle scienze sociali e lo studio comportamentale della ricerca di marketing”. Più specificamente quando parliamo di psicografia ci riferiamo alla ricerca sui consumatori basata sulle loro attività, interessi e opinioni.

Questo nuovo metodo ha origini recenti. Inizialmente era stata utilizzato in ambito psicologico, ma ben presto è emerso il suo enorme potenziale nel settore del marketing. Trova le sue radici nella raccolta dei dati, anche detta big data analytics, di cui ti parlerò tra poco. Per ora, tieni bene a mente che l’ingrediente principale di questo tipo di analisi sono le emozioni dei consumatori. In quanto esseri umani siamo fragili e vulnerabili e proprio per questo motivo la componente psicologica è in grado di influenzarci più di tutto il resto.

2.2 Big Data Analytics

Ti avviso subito, per essere corretta, che questo piccolo paragrafo è vera roba da nerd. Ma come si suol dire, prima il dovere e poi il piacere. L’espressione Big Data si riferisce al trattamento automatico di grandi quantità di dati,
soprattutto raccolti su Internet, ma non necessariamente. Possono
venire raccolti da aziende online, ma anche offline, per poi essere
rivenduti. Il trattamento di questi dati di solito non richiede l’identificazione personale dell’utente, ma lo scopo è quello di poterli includere in una o più categorie per raggiungere obiettivi di diversa natura.

Analizzando grandi quantità di dati, è possibile generare a loro volta nuove informazioni
utili per prendere decisioni più mirate e specifiche, in diverse aree
(dal business alla comunicazione). Dalla personalizzazione della
comunicazione con i clienti all’efficienza del processo produttivo, alla
gestione dei processi e delle emergenze, gli strumenti di Big Data Analytics hanno influenza in tutti i processi.

Ovviamente dietro metodologie così complesse non possono esserci altro che tecnologie modernissime che permettono di gestire e processare ampi volumi di dati in tempo reale, ma anche algoritmi e analisi innovative, in grado di ricavare autonomamente informazioni implicite.

2.3 L’obiettivo dell’analisi psicografica

La segmentazione psicografica spesso può fare la differenza, soprattutto considerando l’elevata competitività
del settore. In questo modo infatti sarà possibile per l’azienda in
questione sviluppare strategie di marketing efficaci e
determinate. Conoscere meglio i tratti psicologici dei consumatori può
portare ad un’offerta di beni e servizi molto più adeguati alla domanda.
In particolare, la segmentazione psicografica può essere di grande
aiuto per:

  1. Identificare esigenze di mercato specifiche.
  2. Ottimizzare le risorse nelle aziende.
  3. Trovare opportunità di business nel mercato.

Prima di eseguire una segmentazione psicografica nei database di solito si effettua una prima segmentazione demografica per restringere il campione e ottenere ancora più informazioni sui clienti-tipo.

2.4 Differenze tra dati demografici e psicografici

L’obiettivo primario dell’analisi psicografica è quello di capire cosa spinge un consumatore o un utente, verso una decisione piuttosto che un’altra. Questa metodologia apre le porte ad un nuovo modo, affascinante ma preoccupante allo stesso tempo, grazie al quale aziende, istituzioni e organizzazioni di diverso tipo possono letteralmente guidare la scelta del pubblico di destinazione. In questo modo i messaggi potranno essere creati ad hoc. Ricordi quando ti ho parlato dello scandalo di Cambridge Analytica? I dati che erano stati “rubati” dall’applicazione erano proprio indirizzati a creare contenuti politici precisi per persuadere un diverso tipo di utente.

L’approccio con cui veniva originariamente segmentato il target, ossia i cosiddetti fattori demografici, nell’analisi psicografica cessa di essere determinante: sono altri i fattori in grado di cambiare le carte in tavola. Per capire come instaurare un rapporto con un interlocutore sarà necessario fare leva sulle sue emozioni, capire di cosa si compone la sua vita anche nei più piccoli e quotidiani aspetti.

Per capire qual è la differenza tra dati demografici e psicografici ho realizzato per te questa semplice infografica.

Quindi, per ricollegarci a quanto detto prima, grazie ai Big Data
è senz’altro più facile acquisire questo tipo di informazioni e
determinare il profilo psicografico di un individuo. Molto
semplicemente, basta pensare a come solo i nostri profili social possono rappresentare una vetrina in bella vista. E poi ancora i dati di navigazione, gli acquisti online… Ogni nostro movimento in rete può aggiungere informazioni al nostro precisissimo profilo personale.

2.5 Applicazioni nel marketing e nella comunicazione

Se lavorassi nel marketing o nella comunicazione sapresti benissimo
che queste informazioni, sempre secondo il modello psicografico,
potranno tornare utilissime per poter scegliere il più efficace tono di
comunicazione (chiamato anche Tone of Voice) per
persuadere e raggiungere un determinato target. Ti è mai capitato di
pensare, di fronte a un contenuto pubblicitario “sembra essere fatto apposta per me“? Beh, perchè è esattamente così.

In base alla categoria di appartenenza individuata sarà possibile la creazione di messaggi più efficaci per una specifica tipologia di utente. Le possibili personalizzazioni sono infinite,
esattamente quanto sono infinite e diverse tra di loro le sfaccettature
che ci contraddistinguono in quanto esseri umani. Sarà quindi compito
dell’esperto individuare la strategia più adatta.

L’integrazione tra fattori demografici e psicografici si può tradurre in un nuovo modo di fare comunicazione, in cui i dati sono posizionati al centro e rappresentano una guida per chi vuole sfruttarli. Abbiamo detto che la componente psicologica e personale è fondamentale per questo tipo di analisi, perchè rende possibile creare contenuti e pubblicità personalissime, che possano arrivare direttamente al cuore (e al cervello) del cliente/consumatore. L’efficacia di tale pratica è quindi papabilissima.

2.6 Il modello Big Five delle personalità

Come ti ho già spiegato, attraverso l’analisi psicografica è possibile individuare le caratteristiche soggettive fondamentali dei propri clienti, ottenendone i tanto discussi profili individuali. Per far questo, viene utilizzato il cosiddetto modello Big Five delle personalità, anche chiamato OCEAN (per le prime lettere delle categorie psicografiche, in lingua inglese).

Secondo questa teoria, la personalità dell’essere umano può essere divisa in cinque tratti indipendenti e ben distinti:

Apertura mentale:
questo tratto valuta lo sforzo dell’individuo per trovare attivamente
nuove esperienze e apprezzare quelle al di fuori delle attività di
routine. Misura la tolleranza e il desiderio di esplorare situazioni non
familiari.

Coscienziosità: valuta il grado di organizzazione,
persistenza e motivazione nel raggiungimento degli obiettivi. Divide le
persone in due opposti: chi si preoccupa di ottenere un risultato
ottimale e perfetto, e chi non si preoccupa del risultato.

Estroversione:
mediante questo tratto si valuta la disposizione dell’individuo alle
interazioni personali. Vale a dire, il livello di attività e
stimolazione che raggiungiamo quando entriamo in contatto con gli
altri. È, allo stesso tempo, intimamente collegato con il grado di
piacere provato attraverso le relazioni sociali.

Empatia: utile per
conoscere la qualità dell’orientamento interpersonale. L’empatia si
presenta lungo un continuum che spazia dalla compassione fino
all’antagonismo nei pensieri, sentimenti e comportamenti. Indica fino a
che punto l’individuo è capace di mettersi nei panni dell’altro.

Nervroticismo:
attraverso il nevroticismo si cerca di valutare il binomio equilibrio
emotivo-instabilità emotiva. Questa dimensione identifica le persone che
tendono al malessere psicologico, alle idee irreali, a un’eccessiva
ruminazione o ansia e a strategie di affrontamento disadattive.

Se sei curioso di sapere a quale categoria di “Big” appartieni, ti lascio il link diretto per fare il test.

2.7 Effetti psicologici

Ovviamente, “nutrendosi” queste tecniche di personalità e
comportamento degli utenti, non è possibile non considerare le
potenziali conseguenze psicologiche che forme invasive di profilazione possono comportare, perché la pubblicità comportamentale può avere un impatto significativo sull’autopercezione di un individuo. E sarebbe proprio questo ad aumentare notevolmente la capacità di persuasione e l’attrattività delle attività di marketing personalizzate.

A questo proposito, l’esposizione agli effetti psicologici della pubblicità comportamentale aumenterebbe con la crescente consapevolezza da parte degli individui della personalizzazione degli annunci pubblicitari sulla base dei propri interessi. In sostanza, quando gli utenti diventano coscienti di essere profilati, possono in qualche modo pensare che l’annuncio si basi su un’analisi corretta del proprio status.
E c’è sempre un doppio lato della medaglia. Prova a pensare a come ti
sentiresti se ti comparisse, molto frequentemente, un annuncio di un
percorso di fitness online per perdere peso in fretta. Magari solo
perchè ti sei interessato all’acquisto di un pantalone di taglia L.

L’influenza sull’auto-percezione individuale
determinata dalla pubblicità comportamentale andrebbe oltre la
propensione all’acquisto. Anzi, spingerebbe i consumatori a modificare
l’auto-percezione di sé per adattarsi al comportamento sociale insito nella pubblicità.
Nel caso di prima, vorrebbe dire acquistare quel famoso pacchetto di
fitness online, per raggiungere l’ambita taglia S. Ma poi, ambita per chi?

3. QUANDO LA PROFILAZIONE DA ONLINE PASSA OFFLINE: IL CASO DELLA STARTUP WONDERSTORE

Se sei arrivato fino a qui, puoi tirare un sospiro di sollievo. La parte lunga e noiosa è finalmente finita. Ora che sei un vero espertone, ti illustrerò una realtà aziendale che ha catturato il mio interesse e che merita sicuramente di essere discussa.

3.1 Dalla teoria alla pratica

Per conoscere al meglio i visitatori di un determinato sito, al giorno d’oggi sul web domina l’analisi dei dati.
Grandi e piccole aziende hanno la possibilità di capire, per esempio,
da dove provengono i propri visitatori virtuali, l’età, il sesso e altre
caratteristiche fondamentali per un brand online. Tutto deve avvenire,
ovviamente, nel pieno rispetto del GDPR, il nuovo regolamento europeo in merito alla privacy e al trattamento dei dati personali, che ormai conosci come le tue tasche.

Se quindi nel marketing online il percorso di
vendita è ormai ben standardizzato e preciso, nella realtà ancora molto
spesso per individuare un determinato utente-tipo si fa certamente più fatica. Immagina di entrare in un negozio di abbigliamento. Sicuramente è possibile che il commesso possa andare ad occhio e
magari indovinare il tuo stile e i tuoi gusti personali, ma si
baserebbe principalmente su un’ipotesi e, se vogliamo, anche su un
pregiudizio. Quello che manca è una conoscenza precisa e analitica dei clienti. Cosa si saranno mai potuti inventare, quindi?

Da questi preusupposti nasce WonderStore,
soluzione innovativa pensata per il mondo retail, nata dall’esigenza
strategica di conoscere i clienti e visitatori che entrano ogni giorno
nei negozi, nei centri commerciali, negli aeroporti, nei supermercati, e
così via. Si tratta di una piattaforma hardware e software in grado di profilare i clienti
che entrano negli store, capirne i desideri e prevederne il
comportamento, individuando sesso, età, aspetto, orari di afflusso e
altri importanti parametri. In questo breve video, pubblicato sulla
pagina YouTube ufficiale dell’azienda, è possibile capirne a grandi linee il funzionamento.

3.2 Come opera Wonderstore

WonderStore è in grado di classificare e acquisire in tempo reale per ogni cliente parametri fondamentali, applicando l’intelligenza artificiale, e in particolare il machine learning, alla computer vision. Per chi come me capisce poco tra tutti questi paroloni e tecniche super-mega-iper tecnologiche, significa che attraverso dei sensori visuali, ovvero delle telecamere collegate ad un dispositivo Iot (Internet of things), vengono contati e classificati i clienti che si soffermano a guardare una vetrina o che entrano nel negozio.

“Il sistema estrae dal viso tutte le principali caratteristiche
del cliente: il sesso, con una precisione di oltre il 99%, l’età
percepita, se ha gli occhiali, se ha la barba, i baffi, il colore dei
capelli, se la donna è truccata, oltre alle emozioni:
si capisce se l’espressione è arrabbiata, felice o triste. Con la nuova
versione arriveremo anche a tracciare come è vestito l’utente. Alla fine
emerge il cliente tipo”.

Luigi Crudele, CEO di Wonderstore

Inoltre, vengono proposti su monitor contenuti estremamente personalizzati a
seconda di chi sta guardando e di creare un’integrazione di dati online
e offline. Una soluzione, insomma, che mira a migliorare l‘esperienza del consumatore
all’interno del negozio: una migliore conoscenza del clienti porta a
una maggiore efficienza gestionale, offrendo così una migliore esperienza di acquisto.

3.3 Nessun risvolto sulla privacy

Una telecamera che funge da detector e un sistema
che estrae le caratteristiche per arrivare a tracciare l’identikit del
cliente tipo. Come potrà mai essere possibile tutto questo, considerando
lo stretto rigore del GDPR? Su questo interviene il CEO di Wonderstore, Luigi Crudele,
rassicurando che “Non vengono effettuate registrazioni. Bisogna
immaginare la telecamera come un sensore. Quando le caratteristiche sono
estratte, i dati sono resi anonimi e solo dopo
disponibili per le analitiche. Inoltre, tutto è inaccessibile: noi non
possiamo vedere in tempo reale chi entra nei negozi”.

Le attività di WonderStore non solo hanno superato tutte le verifiche imposte dal Garante, ma sono anche state classificate a basso rischio. Proprio perchè i dati raccolti sono anonimi, non è possibile in nessun modo collegarli all’identità personale, a meno che non sia la stessa persona a fornire una foto che consente il riconoscimento.

Nessun pericolo si presenta anche per l’eventuale timore da parte dei dipendenti di essere tracciati. Con il loro consenso, vengono
classificati in modo che il sistema li escluda dall’analisi. Questo è
utile al brand e garantisce la privacy del personale.

3.4 Realtà del futuro?

Per parlare brevemente di numeri, la società ha fatturato nel 2018 211.000 euro con un trend di crescita del +250% rispetto all’anno precedente. Per il futuro WonderStore si concentrerà su attività di ricerca e sviluppo, marketing e comunicazione
per lanciare le sue soluzioni innovative nel mercato italiano e
internazionale così da poter migliorare le performance dei punto
vendita, e rafforzerà il team attraverso l’inserimento di nuove figure professionali. Settori quali il luxury, fashion, ristorazione, automotive, hanno l’urgente necessità di conoscere i propri visitatori e di acquisire informazioni strategiche utili ad ogni livello aziendale. Parliamo di un mercato potenziale di più di 50 miliardi di euro, nel quale una realtà come WonderStore si riesce perfettamente ad inserire.

4. CONCLUSIONI

E così siamo così giunti alla fine di questo approfondimento sulla pubblicità comportamentale. Spero di non averti annoiato/a, ma sarebbe ancor più fantastico essere riuscita ad appassionarti (o incuriosirti) almeno un pochino. Ricordati, che tu sia interessato/a o meno all’argomento, che informarsi è il primo passo consapevole da compiere per non “inciampare” in qualche sgambetto del web, che è sì sempre più intelligente, ma allo stesso tempo pericoloso. Non ho più altro da dirti se non… Be Curious and keep an eye!