La grande fuga dei capitali e delle multinazionali dalla Russia

In Russia sta finendo un’era, quella iniziata con la fine della guerra fredda, che, a sua volta, ha coinciso con un grande cambiamento culturale: l’arrivo in Russia dei fast food, dei jeans occidentali, dei consumi capitalistici. Ora Apple, Ikea, AirB&B, Walt Disney e i colossi dell’energia e della logistica chiudono i negozi, gli store e ritirano gli investimenti.

I mega brand del Food & Beverage abbandonano la Russia in massa

Kvas, bevanda fermentata tipica della Russia, normalmente ottenuta dalla fermentazione di pane e cereali con bassa gradazione alcolica, sostituisce colossi mondiali come Coca-Cola e Pepsi insiemeli altri marchi del gruppo Mirinda e 7Up , sospendono totalmente investimenti di capitale e tutte le attività pubblicitarie e promozionali

Anche Heineken e Carlsberg (proprietaria di Baltika, il marchio di birra più diffuso in Russia), icone della birra, sospenderanno le vendite e gli investimenti prono-pubblicitari

Per quello che riguarda invece il settore Spirits, Diageo e Pernod Ricard hanno sospeso le vendite in Russia per protestare contro l’invasione.

Non solo bevande, anche i grandi marchi della ristorazione hanno provvisoriamente abbandonato la Russia. McDonald’s, per esempio, ha annunciato la chiusura temporanea dei suoi 850 punti vendita, con lunghissime code fuori dai ristoranti di Mosca, una forsennata corsa all’ultimo Big Mac e prezzi inauditi per la rivendita online dei prodotti (anche a 50.000₽ pari a quasi 400€ per un menù).

Il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin ha fatto sapere proprio in tal senso che sono stati stanziati 500 milioni di rubli per sostituire in sei mesi o al massimo in un anno i 250 punti vendita di McDonald’s della capitale ( entrati ormai nel cuore enella testa dei cittafini russi così cpme tanti altri prodotti americani ed europei) con ristoranti simili che avranno fornitori al 99% russi.

Le sanzioni dell’Occidente non rappresentano solo un duro colpo per l’economia della Russia, ma stanno anche spingendo un gran numero di aziende occidentali a lasciare il Paese. Vladislav Zubok, professore di storia russa alla London School of Economics, rivela al Financial Times che tutto ciò rappresenta “la fine di un’era”, quella inaugurata negli anni Novanta del secolo scorso, quando fuori del nuovo McDonald’s in piazza Pushkin a Mosca, c’erano code piu’ lunghe che davanti alla tomba di Lenin.

Yum! Brands, altra società operante nel mercato della ristorazione con i marchi globali KFC, Pizza Hut e Taco Bell, ha fermato tutti gli investimenti e lo sviluppo in Russia.

Anche Starbucks, che ha sospeso tutte le sue attività commerciali in Russia, nonché la spedizione dei prodotti e i bar gestiti da terzi condannando con una nota ufficiale “gli orribili attacchi della Russia in Ucraina”.

Tra le ultime multinazionali Food&Beverage che hanno annunciato sanzioni troviamo Mars, azienda americana produttrice di snack dolci (tra cui Mars, Twix, Snikers, M&M’s, Bounty) che ha annunciato sul proprio sito la sospensione delle importazioni e delle esportazioni con la Russia.

Mars opera da oltre 30 anni sul mercato russo con un personale di oltre 6000 persone. L’azienda ha fatto sapere che non sospenderà completamente le operazioni nel Paese, ma che ridimensionerà notevolmente l’attività e anche che tutti i ricavi dell’attività in Russia saranno devoluti in beneficenza per cause umanitarie.

Alle sanzioni, nel giro di pochissimi giorni, hanno fatto seguito la caduta a picco del rublo, che rischia di far crollare i consumi, il congelamento dei pagamenti delle cedole ai detentori esteri di bond in rubli, la decisione della banca centrale di innalzare i tassi di interesse al 20%, tutte scelte che stanno accelerando la fuga delle aziende straniere dalla Russia.

I colossi petroliferi come ExxonMobil ha annunciato la volontà di lasciare il Paese e le sue attività, stimate in 4 miliardi di dollari, BP, Shell ed Equinor, la società energetica norvegese stanno disinvestendo e cedendo le loro partecipazioni.  

Ikea: “La guerra ha un enorme impatto umano”

La svedese Ikea ha annunciato il 3 marzo, che avrebbe chiuso tutti i negozi presenti in Russia. “La guerra – si legge in una dichiarazione congiunta Inter Ikea e Ingka Group – ha un enorme impatto umano e provoca gravi interruzioni della catena di approvvigionamento e delle condizioni commerciali. Per questo motivo i gruppi aziendali hanno deciso di sospendere temporaneamente le operazioni Ikea in Russia”.

L’azienda ha inoltre deciso di mettere in pausa tutte le esportazioni e le importazioni in entrata e in uscita da Russia e Bielorussia. Continueranno invece ad essere aperti i centri commerciali sotto il marchio Mega. Dopo questo annuncio c’è stata la ‘corsa agli acquisti’ dei cittadini russi.

Stop alle produzioni di Volkswagen, Toyota e Mercedes-Benz

La tedesca Volkswagen, che possiede anche i marchi Porsche e Audi, ha fatto sapere di aver interrotto la produzione di automobili in Russia, nonché l’esportazione dei veicoli.

Stessa decisione per altri grandi aziende automobilistiche come Toyota, Mercedes-Benz, Honda, Hyundai e Mazda.

La giapponese Toyota, in particolare, ha comunicato che fermerà la produzione nello stabilimento di San Pietroburgo, sottolineando di seguire gli eventi “con grande preoccupazione per il popolo ucraino”.

Dalle auto alle moto: anche Harley-Davidson ha sospeso i suoi rapporti commerciali con la Russia.

La decisione di H&M, Lego, Apple, Nike e Adidas

Lego ha interrotto le consegne dei giochi in Russia, mentre il gigante dell’abbigliamento low cost H&M ha chiuso ‘temporaneamente’ i propri store. Apple ha sospeso la vendita di tutti i suoi prodotti nel Paese, come reso noto dalla società in una nota, in cui ha espresso la propria vicinanza al popolo ucraino. Rimuoverà inoltre RT News e Sputnik dai suoi App Store fuori dalla Russia.  

Anche il brand Nike ha comunicato alcuni gioni fa la decisione di bloccare temporaneamente ogni attività e di chiudere i suoi store. Adidas, sponsor della Nazionale russa, ha sospeso la sua partnership con la Federcalcio russa.

Netflix, Disney, Warner Bros e Sony dicono addio

Disney ha annunciato la decisione, nei giorni scorsi, di voler sospendere l’uscita dei suoi film in Russia. Stessa decisione per Warner Bros e Sony, che non distribuiranno nel Paese di Putin The Batman e Morbius.

Mentre Netflix, dopo aver spiegato che non avrebbe inserito 20 canali russi in chiaro sulla piattaforma, come richiesto da una legge russa, ha fatto sapere di aver sospeso i progetti in programma e le acquisizioni di prodotti russi. Nello specifico quattro realizzazioni, tra cui una serie tv poliziesca, diretta da Dasha Zhuk, bloccata durante le riprese.

Spotify ha deciso di chiudere gli uffici a Mosca ‘fino a nuovo avviso’, rimuovendo dai suoi servizi i contenuti sponsorizzati dallo stato russo.

Le altre aziende che stanno abbandonando la Russia

Airbnb, Danone e Nestlé sono le altre aziende che hanno deciso di prendere provvedimenti contro la decisione di Putin di invadere l’Ucraina.
L’Eni cederà la quota nel gasdotto Blue Stream mentre Hermès, il gruppo del lusso francese, ha fatto sapere che chiuderà temporaneamente le sue boutique in Russiaha bloccato le attività commerciali dal 4 marzo. Allo stesso tempo, ha espresso ‘preoccupazione’ per l’attuale situazione in Europa.

Il motore di ricerca Google e la collegata piattaforma video YouTube hanno interrotto la vendita di spazi pubblicitari sul territorio russo, proprio come conseguenza del conflitto in Ucraina. A riportare la notizia è l’Ansa. Uno stop che segue  quello di Google Maps: sospese le recensioni, le foto e i video in Ucraina, Russia e Bielorussia.

Mentre Tripadvisor ha eliminato le sue schede su alcuni ristoranti e hotel in Russia. Il motivo? Le due piattaforme, hanno denunciato le società, sarebbero state impiegate da soggetti attivi nella guerra in Ucraina per comunicare con messaggi nascosti, oppure mascherati da commenti e feedback.

Danilo Arlenghi – editore www.marketingjournal.it