La Comunicazione Inclusiva … di Marina Martorana

La tendenza ad abbattere le barriere sociali è sempre più realtà.  Razzismo, pregiudizi, stereotipi saranno superati dal progresso?

Civiltà, un salto in avanti nell’evoluzione umana. Più attenti, sensibili, mentalmente aperti, uniti nell’avventura senza fine del vivere.

Ognuno col suo fardello di pena sulle spalle, chi più pesante, chi un po’ meno.
 
Tenendo conto che una persona su cinque ha una forma di disabilità, quindi il 20% della popolazione può essere escluso da attività quotidiane, professionali e sociali. Non parliamo poi di razzismo, pregiudizi, stereotipi che svettano come appuntite barriere a uno scorrere equilibrato dell’esistenza.

Da qualche anno, finalmente, si parla di inclusività. E non solo. Alle parole pian piano spuntano i fatti necessari per costruire un mondo aperto a tutti, dove ognuno abbia gli stessi diritti e le medesime possibilità.

Di recente i media si sono occupati di Sofia Jirau, la modella portoricana venticinquenne scelta da Victoria’s Secret  per una campagna pubblicitaria.

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Il top brand di intimo ha pensato di far sfilare con i suoi prestigiosi completini  una giovane affetta dalla sindrome di Down.  

E non è finita qui. Il marchio universalmente noto nella cosmesi,  L’Oreal, subito dopo ha ingaggiato la bionda e sinuosa Sofia per promuovere una sua linea di make up.  

A onor del vero non ha fatto così scalpore la decisione dell’italianissimo Gucci quando, un paio di anni fa, ha ingaggiato la diciottenne inglese Ellie Goldstein – nata  con le stesse manifestazioni cliniche di Sofia –  per pubblicizzare un mascara.

E neppure la piccola britannica Eleanor Manton, chiamata dalla Jojo Maman Bebè –  marchio di abbigliamento del Regno Unito per bimbi – che da sempre si batte per rendere più inclusivo il fashion system.  Eleanor, 2 anni, lei pure con sindrome di Down, ha posato come una mini diva, con i capi più accattivanti della collezione.  

Belle notizie per quanti hanno veramente a cuore l’uguaglianza. Ricorderete le foto pubblicitarie cosmopolite di Oliviero Toscani per Benetton, con ragazzi di ogni etnia e colore insieme, un illuminante varco verso il progresso.  

Ma l’inclusione scoppiettante, naturalmente, non riguarda solo i modelli per le réclame, benchè esempi significativi del guardare oltre.

In primis bisogna pensare al linguaggio. Le parole , si sa, permettono di rappresentare la realtà. Importantissime.

Così qualche anno fa la onlus Parole O_Stili, impegnata sul fronte dell’uguaglianza, ha varato il Manifesto, importante progetto sociale di contrasto dei linguaggi d’odio e discriminanti.

Comprende dieci principi di stile cui ispirarsi per scegliere le parole giuste per superare ogni tipo di differenza.

In questo ampio contesto, i linguisti hanno pensato a un linguaggio più inclusivo, meno legato al predominio del genere maschile. Per capirci, se in una stanza ci sono donne e uomini, in passato era normale definire la situazione con frasi tipo  “…tutti i presenti…”. Tutti, appunto, è un plurale maschile.

In origine si era pensato all’uso dell’asterisco alla fine, ma creava confusione. Così, per ovviare  all’attribuzione di generi, è stata pescata dalla trascrizione tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā  la ə, una semplice e rovesciata e capovolta, che si chiama schwa. Vocale neutra, si  pronuncia sciuàa e viene usata come desinenza  in un italiano corretto e inclusivo. Può essere tradotta con insignificante, zero o nulla.

Oggetto di dibattito come ogni novità, con chi è pro e chi contro, chissà, magari in un futuro non troppo lontano troveremo la schwa in pole position sulle tastiere di computer e smartphone

E che dire della pregevole iniziativa dell’arcinoto Topolino per garantire la leggibilità a quanti hanno difficoltà nella lettura. Dall’11 aprile 2020 le edicole ospitano il fumetto in veste rinnovata, un restyling che comprende sia l’uso del font easyreading che l’impegno politico a favore della comunità Lgbtq (lesbian, gay, bisexual, transgender, queer), i cui rappresentanti sono presenti nelle storie.

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Non ultimo, il magazine ha trasformato in cartoon la nostra schermitrice mondiale paralimpica Bebe Vio.  Già, perché anche e soprattutto con le paralimpiadi è sotto agli occhi di chiunque  che gli handicap non frenano il talento.    

di Marina Martorana
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