La Comunicazione del Food & Beverage (18) grazie a Giorgio Vizioli

Comunicare il Food and beverage con il digitale. Intervista di Giorgio Vizioli a Raffaele Petriccione

 

Oggi, per comunicare, sia usa primariamente internet. Ma è anche vero che, rispetto ad altri settori, nella comunicazione dei prodotti food & beverage, l’assaggio è molto importante. In quale misura e con quali modalità, quindi, ci si può giovare della comunicazione digitale? Lo abbiamo chiesto a Raffaele Petriccione, imprenditore esperto in strategie digitali.

“Non dobbiamo dimenticare mai che bere e mangiare bene è anche e soprattutto un piacere. La comunicazione,quindi, deve essere un invito alla prova. Deve provocare desideri, ricordi, suggestioni. Una buona comunicazione fa questo: il plus della comunicazione digitale consiste nel migliorare la selezione del pubblico target. Se è vero, come è vero, che oggi per informarsi si usaprimariamente internet, lo scopo informativo della rete è assolto in misura iniziale da un testo che catturi l’attenzione o, ancora meglio,che faccia da corredo a una immagine o a un video.

L’obiettivo è fare arrivare alle persone realmente interessate a un determinato assaggio il punto di primo contatto con un prodotto. Il resto lo fa la capacità di rendere appetibile un cibo, un vino o una bevanda combinandoli con altri elementi che facciano disegnare agli utenti la loro scena e il loro desiderio.Ecco: le immagini e i video sono i protagonisti dell’assaggio.

Attivano molti sensi, molte fantasie. Anche se non soddisfano immediatamente il gusto e l’olfatto, incuriosiscono questi sensi, fino a indurre le persone ad appagarli concretamente. Tutto questo oggi è veicolato sui nostri dispositivi elettronici, tutti collegati a internet. Dallo smartphone, al tablet, dal computer alla tv”.

Si tratta di una comunicazione complementare o sostitutiva rispetto a quella tradizionale?Quali strumenti si possono adottare?

“È una comunicazione più complementare che sostitutiva. In realtà, dovremmo usare il termine omni-canale per dare una definizione più precisa. Presidiare le necessità, i desideri, le esigenze e gli interessi di ogni singola persona, di ogni singolo utente: è questo che ci ha insegnato e regalato internet, con i suoi metodi dicomunicazione.

Gli strumenti partono quindi dagli stessi che si usavano decenni fa: buone immagini, buone ambientazioni e buoni video. A questi se ne aggiungono altri che devono servire al completamento del customer journey. La possibilità di interagire immediatamente con il produttore, con lo chefo, in generale, con chi propone l’assaggio: quindi, i sistemi di social media, il social networking, le digital chat. Il tutto deve però essere sostenuto da un piano complessivo e da un’analisi dei dati sulle interazioni reali per adattarsi alle dinamiche generali che il pubblico colpito restituisce puntualmente”.

Occorre un supporto tecnologico complesso?

“Non più. Internet ha abbassato enormemente le soglie di investimento sia in attrezzaturesia, soprattutto, di accesso ai media utili. È necessario invece pianificare al meglio gli obiettivi che desideriamo conseguire, in relazione ai target che vogliamo raggiungere. Più che di complessità, direi che si dovrebbe parlare di capacità di progettare, pianificare e misurare la comunicazione in termini di conversione rispetto agli obiettivi che si vogliono raggiungere”.

Si tratta di competenze che possono essere acquisite in azienda o è preferibile ricorrere a un consulente esterno (o a una risorsa specificamente formata)?

“Le competenze possono essere acquisite da chiunque abbia volontà, predisposizione e tempo da dedicare. Nello stesso modo nel quale ognuno può diventare un ottimo enologo, chef, casaro oppure anche un medico o un commercialista. Ma direi che ognuno deve dedicarsi alle attività che gli danno più soddisfazione: personale ed economica.

La cosa più importante da fare notare a chi è occupato nel mondo del food & beverage è che il mondo della comunicazione digitale è caratterizzato dal presentare continue novità ed essere in fermento continuo. Gli aggiornamenti sono quasi spasmodici e altrettanto vitali”.

Nella sua esperienza, qual è l’atteggiamento delle aziende del comparto?

“Il comparto italiano ha cominciato ad accelerare per allinearsi ad alcuni standard mondiali, cosa che è stata una delle acquisizioni positive indotte dai tentativi di reazione alla pandemia. Una grande differenza la fa la dimensione aziendale anche se, come detto prima, i costi e le possibilità di accesso alle piattaforme di comunicazione globali hanno reso molto più accessibili queste necessarie opportunità”.

In particolare, come si struttura la comunicazione digitale dei prodotti di qualità? Presenta delle peculiarità rispetto al comparto enogastronomico in generale?

“La comunicazione digitale dei prodotti di alta qualità ha una missione sopra ogni altra. Deve essere “sexy”, deve far venire l’acquolina in bocca.

Le tecniche che vengono mutuate sono quelle del neuromarketing. Il cibo è la funzione base dei bisogni ma stimola contemporaneamente tutti i sensi. Il gusto è quasi sempre memoria o evocazione. Tende a richiamare o fantasticare su un’esperienza che non è legata esclusivamente alle sue caratteristiche organolettiche, ma è influenzata dalla narrazione, dal branding, che è voler proiettare in qualche cosa come si vuole essere, che si rinforza e riconferma in ogni punto di contatto con il cliente.

In tal senso sono esemplificative le parole di C. Spence (2005): ‘…cambiare ciò che una persona vede può modificare radicalmente ciò che sente. Cambiare ciò che sente può influenzare ciò che prova. Cambiare ciò che prova può influenzare il gusto che esperisce’. Per cui la comunicazione digitale deve solo ottimizzare e potenziare con gli strumenti potenti che ha disposizione questi inneschi ricettivi e sensoriali attingendo a video e foto che possono essere visti sull’ecosistema digitale dei quali ci circondiamo e dai quali veniamo circondati tramite tutti gli strumenti che usiamo per accelerare le utilità e i nostri piaceri”.

Come si pone la digitalizzazione della comunicazione nelle filiere di produzione alimentare rispetto alla commercializzazione e alla distribuzione dei prodotti?

“È uno strumento a supporto. Un suo potenziamento. Assolve contemporaneamente il compito di comunicare e quello di generare appuntamenti per la vendita o addirittura la vendita stessa. Fino a qualche tempo fa, in particolare in Italia, si credeva che il digitale potesse essere una cannibalizzazione dei canali di distribuzione tradizionali. In realtà, è uno strumento che permette di avvicinare il potenziale cliente che ha un desiderio all’oggetto, bene e pietanza che quel desiderio soddisferà”.

Per aprire un eCommerce alimentare occorrono competenze specifiche? Quali?

“Aprire un eCommerce è come costruire, arredare, aprire e gestire un punto vendita. Richiede le stesse competenze. Sono la dimensione e le potenzialità che possono essere diverse. A differenza del punto vendita fisico, il negozio eCommerce può essere posizionato nella via più trafficatasenza necessariamente pagare gli affitti di uno stabile in centro.

Attrae clienti con la capacità di rispondere alle domande e ai desideri dei potenziali clienti. Su internet questa capacità di risposta si chiama posizionamento delle parole chiave sui motori di ricerca e/o nelle aste dei concessionari pubblicitari (tipicamente Google e Facebook/Instagram).

Per farlo al meglio è necessario sapere leggere i dati del pubblico che accede al proprio sito e saperli interpretare oltre a sapere scrivere o raccontare con video e foto le suggestioni dei proprio prodotti.In ogni caso, bisogna essere in grado di gestire un sito, di sapere pubblicare i contenuti, leggere i dati, ipotizzare e gestire scenari e prezzi di vendita e scegliere e acquistare al meglio tempi e spazi della pubblicità.

Come nelle aziende enogastronomiche che vogliono servire le piazze più importanti e trafficate c’è bisogno di addetti marketing e commerciali che possono fare la fortuna nelle vendite, allo stesso modo se ci si pone l’obiettivo di vendere su internet che è il posto nel quale potenzialmente si è sempre nella principale e più affollata piazza commerciale del mondo è necessario pagare e dotarsi di determinate competenze e/o persone che sappiano gestirla”.

E occorrono determinati volumi di produzione? 

“I volumi di produzione sono legati alla capacità di servire il mercato che si ha come target.Ovviamente, se vuoi un negozio di 10 mila metri quadrati avrai necessità di vendere quelle quantità di prodotto che garantiscono un margine adatto a ripagare la struttura relativa e a fare guadagnare l’impresa e l’imprenditore”.

di Giorgio Vizioli

Comunicatore e Giornalista, dal 1990 titolare dell’Agenzia Studio Giorgio Vizioli & Associati di Milano (www.studiovizioli.it), ha ricevuto il Premio “Ufficio Stampa di Eccellenza 2019” del GUS (Giornalisti Uffici Stampa) Lombardia
Membro del Comitato Direttivo del www.ClubMC.it
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